Due secoli di storia, arte e cultura separano le vite di Dante Alighieri e Sandro Botticelli, due fiorentini celebri, ognuno interprete del proprio tempo, il Medioevo e il Rinascimento, destinati ad incontrarsi grazie ai versi immortali della Divina Commedia. Un rapporto molto lungo, durato una decina d’anni, il tempo che occorse per la realizzazione delle illustrazioni del poema, che come scrisse il Vasari di Sandro Botticelli  “…commentò una parte di Dante… dietro al quale consumò dimolto tempo; per il che non lavorando, fu cagione di infiniti disordini alla vita sua”.

Ma se guardiamo con attenzione alla vita artistica di Sandro Botticelli il suo approccio con Dante e la Divina Commedia ha inizio ancor prima, verso la fine degli anni Settanta del Quattrocento, quando realizzò diciannove disegni dell’Inferno, poi andati perduti, per le incisioni di Baccio Baldini che avrebbero illustrato l’edizione del poema con il commento di Cristoforo Landino, celebre intellettuale dell’Accademia di Careggi, pubblicata nel 1481.

A Botticelli si devono anche due ritratti originali del Sommo Poeta, il primo è quello che verrà riprodotto sulla tarsia della porta di Palazzo Vecchio, opposto a quello del Petrarca, il profilo è rivolto a destra e mostra il volume del sacro poema, l’altro è  la celebre tavola dipinta a  tempera conservata a Cologny che lo ritrae nella veste vermiglia da priore  e la corona di alloro, secondo la tipica iconografia attribuita agli scrittori, questa immagine iconica ha il profilo rivolto a sinistra.

L’incarico ottenuto da Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici detto il “Popolano” di illustrare la Divina Commedia per l’artista fiorentino è un’occasione unica che lo metterà a confronto diretto con il testo dantesco di cui darà un’interpretazione originale e senza dubbio più vicina e fedele, traducendo in immagini quello che era il significato originario del poema, composto due secoli prima. Per Botticelli si tratta di una vera e propria sfida che lo appassionerà fino alla fine dei suoi giorni, anche se non si conosce con esattezza la data della committenza rimane il fatto che alla sua morte, avvenuta nel 1503, l’opera sia rimasta incompiuta. Del progetto iniziale che prevedeva una tavola per ogni canto e quindi cento illustrazioni, novantadue fogli sono arrivati fino a noi, di questi otto sono conservati nella Biblioteca Apostolica in Vaticano e i restanti presso il Gabinetto Disegni e Stampe di  Berlino.

Dai disegni è facile immaginare la grandiosità dell’opera nel suo complesso, un’opera che ancora oggi è carica di misteri con il suo grande formato, il verso della lettura, dall’alto verso il basso e i disegni sul lato liscio della pergamena di pecora, mentre il testo trascritto dal copista Niccolò Magona andrà ad occupare la parte più ruvida del foglio. La grande novità che si deve a Sandro Botticelli nell’illustrare la Divina Commedia è la sua estrema vicinanza al testo del poema.

Come sottolinea la studiosa Jacqueline Risset, scrittrice e poeta, a lei si deve la traduzione in francese della Divina Commedia come la migliore e più vicina al testo di Dante : “Fino ad allora le illustrazioni dell’Inferno, del Purgatorio, del Paradiso avevano mostrato esclusivamente azioni, cose viste ( spettacoli insoliti, impressionanti) nei tre regni. Mentre invece colui che poi sarebbe stato definito “il pittore per eccellenza delle sfumature rare dell’affettività”, riesce a rendere finalmente visibili, oltre alle azioni, agli spettacoli, le reazioni: i sentimenti dei personaggi, il variare degli atteggiamenti tra Dante e Virgilio, tra Dante e Beatrice, i gesti, l’ ’aria’ tra gli episodi. In questo Botticelli rivela, rispetto ad ogni altro illustratore, la sua vicinanza al testo: fino alla sfumatura, fino al gesto appena abbozzato, depositato a volte, in una sola parola che egli muta in segno”. E ancora, come  ha ben sottolineato il critico d’arte André Chastel : “Ciò che senza dubbio ha affascinato Botticelli della Commedia, ciò che, in ogni caso, egli è riuscito a liberarne, è una sorta di simbolismo continuo delle passioni e dei moti dell’anima ottenuto grazie all’inventività grafica e al ricorso dell’ornato”.

Per questa grande lezione possiamo considerare Sandro Botticelli colui che più di ogni altro ha saputo tradurre in immagini quelle che erano le intenzioni dei versi danteschi, spingendosi anche oltre con straordinarie invenzioni che passano dal grottesco al sublime. 

Sebastiana Gangemi

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