Fino al 22 maggio Palazzo Ducale a Genova ospita i capolavori di Monet, il più importante esponente dell’Impressionismo. Le opere, tutte provenienti dal Musée Marmottan Monet di Parigi, in tutto cinquanta capolavori, rappresentano la punta di diamante della sua produzione e raccontano l’intera parabola del maestro impressionista attraverso le opere a cui lo stesso Monet teneva di più. Ovvero i dipinti che l’artista aveva conservato nella sua casa di Giverny fino alla morte e da cui non volle mai separarsi.  &nbsp
L’eccezionalità di questo evento espositivo è dato dall’intimità che queste opere esposte sono in grado di trasmettere, allestite in maniera inedita e suggestiva nelle varie sale del Munizioniere di Palazzo Ducale, luogo pieno di fascino e di storia.
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Nelle sue tele l’artista ha sempre unito il suo amore per la natura con l’arte, ricreando i giardini vissuti e visitati. Per più di cinquant’anni visse in campagna lungo la Senna, accrescendo il suo interesse per il giardinaggio, per le aiuole che adornavano le sue prime case ad Argenteuil e per i magnifici giardini a Giverny che furono un luogo privilegiato per la contemplazione della natura e fonte di ispirazione.
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Giverny, la sua casa dopo il 1883, è considerata il luogo della consapevolezza e della rinascita per lo stesso artista, nuovi elementi dettati da una brillante innovazione formale, geografica e di ricerca stilistiche che lo ha portato ad interessarsi sempre di più di soggetti impregnati di nuova lirica e colori vivaci.
In mostra le iconiche Ninfee, il Salice piangente, diverse versioni de Il ponte giapponese e Le rose, ultima e magica opera. La mostra promossa da Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, prodotta e organizzata da Arthemisia in collaborazione con il Musée Marmottan di Parigi è stata curata da Marianne Mathieu studiosa di Monet e direttrice scientifica del museo parigino. &nbsp
 Il Musée Marmottan Monet di Parigi possiede il nucleo più grande al mondo delle opere di Monet frutto della generosa donazione del figlio Michel avvenuta nel 1966. &nbsp &nbsp
Sebastiana Gangemi
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