Era il 13 ottobre del 1822, Antonio Canova muore a Venezia in casa dell’amico Antonio Francesconi, proprietario del Caffè Florian. E’ nella città lagunare che lo aveva accolto all’età di soli undici anni come garzone nella bottega Torretti che si consuma l’ultimo atto della sua esistenza terrena, durata sessantacinque anni. Nell’anno appena passato ricorrevano i duecento anni dalla morte del “nuovo Fidia”, il più grande esponente del neoclassicismo in scultura destinato all’olimpo dei grandi maestri del passato al pari di Bernini e Michelangelo. Le sue opere oggi sono conservate nei più importanti musei in tutto il mondo, dal Louvre all’Ermitage dal Victoria and Albert Museum al Metropolitan Museum di New York ma anche i musei italiani offrono la visione di numerose sue opere come il Museo Correr che ospita “Dedalo e Icaro”, la Galleria Palatina a Palazzo Pitti dove si trova la “Venere italica”, realizzata nel 1804, opera compensatrice per riparare alla perdita della “Venere dei Medici” trafugata dai francesi a seguito del trattato di Tolentino.

Antonio Canova infatti non fu soltanto un grande maestro delle arti, scultura, pittura e disegno che ci ha lasciato grandi capolavori, come non ricordare “Amore e psiche stanti” o “Le grazie”, fu un abile diplomatico e con la sua opera concorse al ritorno in patria di molte opere che erano state trafugate tra il 1796 e il 1798 da Napoleone Buonaparte. Fu Papa Pio VI a conferirgli l’incarico di recuperare le opere sottratte dai francesi e aiutato dal diplomatico inglese William Richard Hamilton, sottosegretario del ministro degli Esteri britannico, Canova riuscì a riportare in Italia 249 opere tra cui il “Gruppo del Laocoonte” e la “Trasfigurazione” di Raffaello Sanzio, ancora oggi conservati nei Musei Vaticani. Il bicentenario canoviano ha visto numerose esposizioni sparse in tutta la penisola che hanno celebrato il genio di Possagno tra queste a Firenze la mostra “Il Culto del Bello. Antonio Canova, Giovanni degli Alessandri e l’Accademia di Belle Arti di Firenze” curata da Sandro Bellesi che ha visto l’esposizione di cento opere tra cui sculture, bassorilievi, stampe e documenti d’archivio provenienti da importanti musei come il Museo del Bargello, il Museo civico di Pistoia, il Museo di Palazzo Pretorio di Prato e da collezioni private.

A Bassano del Grappa, fino al 26 febbraio, il museo Civico della città ospita la mostra “Io, Canova. Genio europeo” che ci restituisce un’immagine inedita del grande scultore che fu oltre che abile diplomatico anche collezionista, protettore delle arti, senza dubbio una delle personalità più significative del mondo culturale e politico a cavallo tra XVIII e XIX secolo. A Venezia, luogo canoviano per eccellenza, il Museo Correr, fino al 5 febbraio, ospita la mostra fotografica di Fabio Zonta che nelle sue opere rilegge e reinterpreta le sculture dell’artista qui conservate. In occasione della ricorrenza del bicentenario della morte accanto alle opere di Canova, nel Museo Correr è stata allestita anche l’esposizione Le medaglie canoviane, con un’ampia scelta di pregevoli medaglie legate alla figura, all’opera e al ricordo del grande scultore.

Canova che amava definirsi “Omo senza lettere” ha lasciato un patrimonio di quarantamila pagine di documenti scritti, lettere, diari di viaggio, appunti, riconoscimenti, diplomi e perfino un prezzario delle opere e un quaderno in cui annotava le lezioni di inglese, il tutto che fa parte del Fondo Canoviano conservato nella Biblioteca Civica di Bassano del Grappa è stato completamente digitalizzato archiviocanova.medialibrary.it e può essere consultato da tutto il mondo. Dopo il suo trasferimento a Roma la corrispondenza era indispensabile per mantenere rapporti con i familiari, gli amici, con l’ambiente veneziano, i committenti, gli intellettuali e i potenti in Italia e in Europa.

Protagonista di un periodo di grandi stravolgimenti storici e politici, tra guerre e rivoluzioni che cambiarono il volto dell’Europa, Antonio Canova regalò al mondo la speranza nel futuro attraverso la creazione di un’arte in perfetto equilibrio tra reale e ideale, avvicinando l’uomo al mito e ispirando azioni e sentimenti di armonia e di pace.

 

Sebastiana Gangemi

 

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